Analytics vs. data analytics. Definizioni e differenze sostanziali

 

Il mercato odierno è in continua evoluzione: sono cambiati i canali, le modalità e le abitudini di acquisto dei clienti, sia nel settore B2B che nel settore B2C. La rete ha giocato sicuramente un ruolo fondamentale, moltiplicando i touchpoint e rendendo l’azienda molto più vicina al cliente. In uno scenario come questo, le informazioni e i dati assumono un ruolo determinante.

Ogni cliente genera una quantità immensa di dati con la sua navigazione e con il suo comportamento offline. Queste informazioni possono offrire all’azienda una conoscenza approfondita dei gusti, dei desideri e delle aspettative, permettendo di profilare l’offerta.

I dati sono fondamentali per guidare le azioni e le decisioni future, rendendo l’azienda data-driven.

Molto spesso, però, le aziende non hanno i giusti strumenti e le competenze adatte per elaborare una quantità così importante ed approfondita di informazioni. La consapevolezza diventa un aspetto determinante per trasformare le informazioni in conoscenza e in azioni strategiche di business. Per questo, è fondamentale chiarire quali strumenti l’azienda ha a disposizione, come utilizzarli e come costruire un metodo di lavoro efficace.

Per fare chiarezza si può partire dalla definizione di concetti vicini e spesso confusi: analytics e data analytics.

Cosa sono? Quali sono le differenze sostanziali? Come vanno attivati ed utilizzati? Spesso un approccio poco definito ai termini e ai concetti può generare confusione anche ad un livello più profondo e creare situazioni di stallo.

È necessario ripartire dal principio e distinguere la metodologia e la struttura, dalla pratica quotidiana di analisi e esplorazione di informazioni.

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Analytics e data analytics: concetti da distinguere

Molto spesso dall'imprecisione nell’utilizzo errato dei termini possono nascere incomprensioni molto più grandi. Quando le parole e i concetti si somigliano, le difficoltà ed i rischi aumentano.

Il mondo del digitale e delle tecnologie soffrono spesso di questa poca chiarezza di fondo. È quindi molto importante distinguere con attenzione cosa sono gli analytics e cosa li distingue dai data analytics.

Partiamo da una metafora

Per introdurre in modo efficace questa distinzione può essere utile proporre un’immagine come esempio: la ricerca dell’oro. Chi cerca l’oro sta procedendo guidato dalla propria intuizione, perché non sa esattamente dov’è e se c’è realmente oro da trovare, ma sa cosa vuole cercare. In questa ricerca incerta utilizza degli strumenti necessari a riconoscere e a rintracciare le pepite: il setaccio ad esempio. Parafrasando questa immagine, i data analytics rappresentano il cercatore d’oro e gli analytics sono il setaccio e gli altri strumenti necessari per la ricerca. 

Ritornando ai concetti, gli analytics sono la struttura strategica, il metodo attraverso il quale vengono trasformati i dati in informazioni utili e in azioni. I data analytics, invece, sono l’utilizzo effettivo di queste regole metodologiche per esplorare ed estrarre conoscenza dai dati.

Sicuramente è importante entrare di più nel dettaglio, ma come linea generale si può ricordare che non esistono analytics senza dati. Alla base della definizione del metodo e della pratica quotidiana di analisi ci sono i dati e le informazioni acquisite.

In questo senso, ogni azienda ha bisogno di una tecnologia adeguata alle informazioni che vuole ottenere e ai dati che vorrebbe acquisire. A partire dalla strategia vanno scelti gli strumenti, istituite le strutture e circoscritte le aree di monitoraggio e indagine.


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Analytics: cosa sono?

Per analytics si intende il processo di definizione del metodo per trasformare i dati ottenuti in conoscenza attivabile.

Attraverso gli analytics si costruisce il modus operandi che l’azienda utilizzerà per comprendere ed attivare i dati a sua disposizione.

L’obiettivo che guida questa fase è sempre un obiettivo di business. Non si acquisiscono dati e non si costruiscono strategie senza prima aver chiaro dove si vuole arrivare e cosa si vuole ottenere.

Gli analytics in questo senso devono mantenere il focus sulle risposte che dovrebbero fornire. La domanda dalla quale partire è sempre la stessa: quali dati raccogliere?

Questo dimostra che con il termine analytics non si intende solamente la fase di raccolta delle informazioni dai diversi canali ma, sin dal principio, è presente una valutazione critica. Attraverso gli analytics si attiva il processo per dare forma e senso ai dati che si è scelto di ottenere. 

In una definizione essenziale ma chiara si potrebbe dire che gli analytics sono la strategia dietro l’uso che un’azienda fa dei propri dati e dei dati che decide di acquisire dall’esterno. 

Proprio per questo aspetto fortemente strategico e questo indirizzo metodologico, gli analytics si dividono in diverse categorie. Ogni categoria di analytics ha un punto di vista particolare sulla realtà e sul dato, che porta con sé una serie di risultati attesi.

Che tipi di analytics ci sono?

Se gli analytics hanno il compito di definire la strategia di un’azienda, devono essere impostati in modo da fornire una lettura profonda della realtà. Esistono però approcci differenti e risultati molto diversi in questo settore. Cambiando il punto di vista, cambia inevitabilmente anche lo spazio di indagine e la possibilità di formulare ipotesi di business. 

La scelta della tipologia di analytics determina l’atteggiamento aziendale nei confronti del dato e del suo utilizzo.

Per fare chiarezza, gli analytics possono essere:

  1. Descrittivi

  2. Diagnostici

  3. Predittivi

  4. Prescrittivi

  5. Cognitivi


1. Descrittivi

Gli analytics descrittivi hanno un comportamento molto lineare: producono report sul comportamento dei clienti. Guardano al passato ed elaborano quanto accaduto per fornire indicazioni per il presente e il futuro.

2. Diagnostici

In questo caso, il dato viene lavorato in modo più approfondito per trovare risposte e soluzioni a determinati problemi. L’obiettivo è circoscritto ad un problema specifico. Rispetto ai descrittivi, è un approccio già più indirizzato alla ricerca di un significato preciso.

3. Predittivi

Se gli analytics descrittivi e diagnostici guardano al passato, i prescrittivi sono pensati per guardare e ipotizzare il futuro. Sulla base di quanto accaduto in passato, questi analytics predicono cosa è più probabile accada in futuro, a livello di comportamento del cliente. Le previsioni assumono valore se inserite in determinati parametri. Gli analytics predittivi hanno un forte valore nel marketing, per ottimizzare gli investimenti in modo tempestivo.

4. Prescrittivi

Con gli analytics prescrittivi si fa ancora un passo in avanti nella profondità dell’indagine a livello strategico. In questo caso, gli analytics non si limitano a prevedere o ipotizzare accadimenti e comportamenti futuri, ma fissano delle regole da rispettare per far accadere un determinato evento. Il risultato viene garantito nel rispetto delle variabili stabilite. 

5. Cognitivi 

L’ultimo step e il traguardo più alto attualmente a disposizione riguarda gli analytics cognitivi. Non si tratta più di fissare delle regole ed automatizzare delle risposte. Il sistema in questo caso impara dall’utilizzo attraverso il machine learning e attiva in autonomia determinate azioni, al superamento di determinati parametri.

Come si può comprendere, le funzioni sono molto differenti e anche il livello di approfondimento raggiungibile.

È necessario sottolineare il passaggio dagli analytics descrittivi e diagnostici che guardano al passato ai predittivi e prescrittivi che guardano al futuro in modo propositivo.

L’ultimo salto si fa con i cognitivi e con la possibilità di ipotizzare una struttura che diventi autonoma, con l'autoapprendimento e con l’ottimizzazione di pratiche che portano risultati misurabili e scalabili.

Che tipi di analytics ci sono?

Le caratteristiche necessarie per gli analytics

Gli analytics, di qualsiasi tipologia, sono molto importanti per approcciare i dati e per trasformarli in informazioni. Ci sono però delle caratteristiche e degli aspetti fondamentali che vanno tenuti in considerazione.

Sicuramente è necessario riuscire ad avere tutti i dati che si è deciso di raccogliere in uno stesso ambiente. Sia che la sorgente sia online che offline, al di là della proprietà originaria, i dati dovrebbero essere raccolti tutti insieme. Mantenerli separati rischia di generare confusione e dispersione di conoscenza.

Inoltre, dovrebbero essere integrati e normalizzati: non basta la vicinanza, ma è necessario che i dati possano essere letti ed interpretati insieme. Devono poter essere messi in comunicazione e a confronto.

Un’altra considerazione riguarda sicuramente l’accesso ai dati: le informazioni dovrebbero essere a disposizione dell’intera azienda, permettendo ad ogni reparto di operare con attenzione le giuste analisi e formulare le considerazioni particolari e specifiche.

Nell’ottica di una comunicazione e condivisione trasversale in azienda, un ruolo importante lo gioca anche la visualizzazione e la possibilità di esportazione. L’aspetto visuale non va mai sottovalutato perché offre il colpo d’occhio fondamentale per le prime considerazioni strategiche.

Gli analytics in azienda: il percorso e i fattori di successo

Adottare gli analytics adatti all’azienda, significa anche avere coscienza del livello di maturità aziendale rispetto ai dati. In una prima fase, potrebbe essere utile partire con l’adozione di analytics descrittivi.

Le informazioni sono chiare e possono essere facilmente utilizzate. L’unica aspetto su cui porre attenzione è la scelta delle giuste metriche: non perdersi nell’analisi di metriche poco impattanti sul business, definite vanity metrics

Il percorso dovrebbe sempre partire dagli obiettivi di business. Da qui, si sceglie di monitorare e tracciare le metriche che hanno un’influenza a quel livello. Registrare altri flussi rischia di creare rumore di fondo. 

L’obiettivo è costruire un ciclo che si autoalimenta e cresce grazie alla conoscenza acquisita. Nel tempo, a fronte di una consapevolezza più profonda, si potrà passare a considerazioni più mirate rispetto all’esigenza (diagnostiche) e che guardano di più al futuro (predittive e prescrittive).

Affinché il percorso sia di continua crescita e non incontri grandi difficoltà, è importante che l’azienda fissi delle policy legate alla governance del dato e alla gestione degli analytics. Regolare ogni comportamento è la garanzia più grande per ottenere risultati affidabili e di valore. A queste considerazioni va affiancata l’importanza degli obiettivi come punto di partenza: pochi obiettivi che definiscono la strategia e guidano la tattica in ogni azione. 

Gli errori più comuni

Purtroppo nonostante l’importanza degli analytics, molte aziende non riescono ad ottenere grandi risultati. Questo può dipendere da una bassa cultura del dato ma anche da errori lungo il percorso. 

Uno degli errori più ricorrenti riguarda la mancata applicazione di governance ben definite nella lavorazione del dato. Altre volte ci si focalizza sulle metriche sbagliate, dimenticando l’obiettivo o svincolandolo dall’analisi.

Un’altra cattiva abitudine consiste nel raccogliere quantità immense di dati e depositarle tutte insieme, come in un grande lago. A quel punto, le informazioni non sono più immediatamente analizzabili e si accumulano ritardi definitivi. Qualsiasi lavoro di analisi, richiede di estrarre di nuovo i dati e iniziare a lavorarli: un ritardo importante che rende le informazioni ottenute solo parzialmente efficaci.

Le caratteristiche necessarie per gli analytics

Data Analytics: cosa sono?

Se gli analytics definiscono e costruiscono la struttura per l’analisi dei dati, i data analytics sono l’atto stesso di tirar fuori i business insights più importanti dalle informazioni sui clienti. Nell’esempio riportato sopra della ricerca dell’oro, i data analytics sono il cercatore che prova ad estrapolare elementi d’oro distinguendoli dal resto.

Gli analytics creano regole per individuare pattern, per raggiungere una conoscenza granulare e per rende questa stessa conoscenza scalabile. I data analytics sono nel processo vero e proprio di lavorazione dei dati in funzione degli obiettivi di business.

Sicuramente molti aspetti sono liminari e le somiglianze rischiano di creare confusione. Ma dal punto di vista del concetto analytics e data analytics sono molto differenti ed inquadrano momenti e fenomeni del tutto diversi.

Che genere di dati ci sono?

I dati dai quali si parte per il lavoro di data analytics possono essere essenzialmente di tre categorie: proprietari, condivisi o acquistati.

I dati proprietari sono tutti quei dati ottenuti sui canali e sulle piattaforme in possesso all’azienda: website e eCommerce prima di tutto. Utilizzare solamente queste informazioni, però, restituisce un’immagine parziale del cliente e del suo comportamento. In un mercato odierno sempre più ricco di touchpoint, per conoscere il cliente è necessario ricostruire il percorso fatto, online e offline, nei vari website e canali social. 

Per questo, sono fondamentali anche i dati condivisi. Sono dati condivisi quelle informazioni che vengono appunto condivise dall’azienda con un brand partner, attivando una collaborazione. I dati vengono condivisi a fronte di un comune interesse.

Infine, i dati acquistati sono quelle informazioni che l’azienda acquista all’esterno per ampliare la sua conoscenza su un determinato target o su un’audience ben definita. Possono essere acquistate anche grandi quantità di big data per ampliare i dati proprietari dell’azienda, sui quali lavorare in futuro.

Data analytics in azienda: il percorso e i fattori di successo

Per analizzare grandi quantità di dati e riuscire ad estrarre valore dal punto di vista del business, il processo da seguire è fondamentale. Anche in questo caso, il metodo può determinare l’effettiva fruibilità delle informazioni finali. 

Il primo aspetto da considerare riguarda lo storage: sicuramente va verificata l’effettiva capacità aziendale di contenere big data da analizzare. La struttura aziendale deve reggere il peso di una struttura di analytics e data analytics

Il secondo aspetto riguarda invece la connettività: per rendere la conoscenza ottenuta effettivamente spendibile e attivabile, è necessario che i dati siano comunicanti e connessi tra loro. L’integrazione porta ad una maggiore conoscenza e alla possibilità di formulare collegamenti sempre nuovi e trasversali.

Dopo aver verificato la capacità e la connettività del sistema azienda, si passa alla fase definita ETL (Extract Transform - Load).

È il momento in cui i dati prendono forma e significato. L’informazione allo stato grezzo inizia ad essere lavorata per costruire conoscenza. Qui i dati vengono divisi per sessioni e si attuano le prime distinzioni. A questa prima elaborazione segue la fase di analisi vera e propria

Alla fine, è il momento di visualizzare i risultati e renderli il più possibile immediati nella comprensione e nell’interpretazione. Lavorare sull’interfaccia e cercare soluzioni comprensibili e meglio accettate in azienda, anche dalle professionalità che non hanno competenze specifiche con i dati. L’obiettivo, in ottica data-driven, è consentire un approfondimento trasversale ai reparti e alle responsabilità dei risultati ottenuti.

Gli errori più comuni

Anche in questa fase, proprio come per gli analytics gli errori possono essere molti e compromettere il risultato finale. Sicuramente è fondamentale avere la consapevolezza del grado di maturità aziendale con i dati. Non comprendere questo aspetto potrebbe condurre alla tendenza a forzare i dati per ottenere le risposte attese.

Capita molto spesso che, a partire da una convinzione errata, i dati vengano viziati per dimostrare l’assunto errato. Procedendo in questo modo, si assiste a risultati differenti in reparti differenti e ad una conseguente competizione poco proficua.

Lavorare con i data analytics significa invece lavorare sui dati in vista degli obiettivi di business, ma rimanere aperti ad ogni risultato in quella direzione. Un dato potrebbe stravolgere ogni convinzione e richiedere un ripensamento dell’intera strategia. L’ascolto rimane quindi un elemento fondamentale.

Anche la tendenza a centralizzare può costituire un grande problema. L’effetto lago di cui si parlava sopra può riproporsi anche con i data analytics. Con questa tendenza si paralizza ogni genere di analisi sugli insights ottenuti. 

Per avere il massimo con i data analytics è fondamentale adottare una visione ciclica, in un processo che si alimenta e cresce nell’utilizzo costante e corretto. Attraverso l’adozione della giusta tecnologia, dell’AI (Artificial Intelligence) e del machine learning è possibile estrapolare tutte le informazioni necessarie e contestuali all’obiettivo di business. 

L’efficacia nell’individuazione di pattern e di regolarità permette di approfondire la conoscenza e sistematizzarla. Automatizzando i processi è possibile continuare ad affinare la ricerca, progredendo nel particolare e allargando l’applicazione a settori più ampi.

Data analytics in azienda: il percorso e i fattori di successo

Analytics e data analytics: metodi e momenti dalla strategia alla pratica

Nella definizione delle differenza tra gli analytics e i data analytics si è compiuto un viaggio che ha evidenziato il ruolo fondamentale dei dati per la conoscenza del cliente e quindi per il successo sul mercato. Ma i dati richiedono la costruzione di una struttura molto complessa ed elaborata. 

Cosa dovrebbe tenere presente un’azienda nell’approccio ai due concetti di analytics e data analytics?

Bisogna sottolineare che un dato acquisisce valore solo se raccolto, analizzato ed elaborato in maniera corretta e scientifica. La scientificità è garantita dai tool tecnologicamente avanzati ma anche da una metodologia di indagine stabilita.

La governance del dato è un aspetto fondamentale, ma anche la costruzione di una struttura coerente di analytics è un elemento necessario al raggiungimento dell’obiettivo. Da qui, si deve passare alla fase di data analytics in cui la conoscenza deve essere lavorata e messa in relazione agli obiettivi di business. L’integrazione e la comunicazione qui giocano un ruolo fondamentale. 

Solamente con una chiara distinzione tra concetti, metodi e momenti diversi è possibile armonizzare struttura ed informazioni e raggiungere una conoscenza valida in termini di business.

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